High fidelity, Kodak è un titolo di un'opera del 1975-76: il titolo è un programma di poetica.
Dunque la pittura gareggia con la fotografia nella riproduzione della realtà?
Sì, potrebbe - come è evidente nella perfezione calligrafica, dalla definizione dei corpi dei giocatori, in questa come in altre opere, tratte dallo sconfinato repertorio delle immagini foto-grafiche (di qui l'ironica allusione: kodak). Lo potrebbe, se fosse questo l'intento della pittura.
E invece, neanche per sogno! L'arte non è riproduzione della realtà ma ironica presa di distanza, come si mostra dalle figure bianche non finite (cioè non colorate, il non colorato non è più verosimile e le figure mostrano il loro carattere, quello d'essere immagini dipinte), in primo piano, in fondo, a destra della mischia.
Qui le figure sembra vogliano ammonire: attenzione, la pittura non riproduce la realtà, altro che alta fedeltà - a cosa? - ma vi si deve riferire, con propri intenti, che consistono comunque nella denuncia e nella protesta sociale, sia pure portata sotto forma di ironia.
Il caso della pittura impegnata è proprio questo: qui si descrive il significato della seconda opera, il Processo a Giovanni Marini del 1974.
Noi tutti ricordiamo quegli anni del post-sessantotto, nel mondo, in Europa e a Salerno: dove si svolse, improvvisamente, ma in un clima fatto di violenze e continue provocazioni, la tragedia.
Certamente le figure della composizione sono state studiate e precisate dal punto di vista espressivo; ma lo schema compositivo comunica una serie di significati piuttosto evidenti, singolari. La figura di Marini è posta più in alto dei carabinieri, con lo sguardo fisso a un punto lontano; i colori dei visi delle guardie ricompongono quelli del tricolore rivoluzionario. La curva della luce entro cui le figure campeggiano confina, al limite sovrastante, con il riferimento a una realtà urbana stravolta e chiusa, oscura e sorda, da cui lo stesso sole stenta ad alzarsi.
Senza spingersi lontano, cosa che certamente la stessa chiarezza delle composizioni non ammetterebbe, e quindi per il medesimo amore per il concreto che ispira Quarta, si potrebbe dire che le due composizioni rinviano comunque al problema del rapporto tra immagine e realtà (in particolare la prima, 1975-6); e, quanto al dipinto del 1974, credo che oggi lo si potrebbe descrivere, con grande efficacia, dal punto di vista del rapporto tra il tempo e le grandi passioni: un tema di fedeltà anche questo, ma questa volta di fedeltà alla passione politica, che s'incarica di trasformare un fatto tragico degli anni Settanta in un monumento, perché gli uomini possano ricordare.