A Raffaele Ragone, chimico e poeta, il 29.10.2013 (Raffaele Ragone, pagina facebook; RaffRag's una tantum, blog)
Caro Raffaele, poiché mi sono occupato dell'argomento intorno al 2000 e dopo, e sabato scorso nell' incontro (molto bello, ben riuscito) non ci fu tempo per gli interventi, di seguito e in sommario espongo quel che ne penso.
Scientificizzare la poesia e poetizzare la scienza, come ha detto Marcella Testa, già avviene, ed è nelle strutture del linguaggio, quello che usiamo nel quotidiano come nei libri. Questa la tesi dello psicoanalista cileno Ignacio Matte Blanco (1975) che nel saggio dal significativo titolo L'inconscio come insiemi infiniti trova una singolare sintassi nel nostro linguaggio: la struttura logica ordinaria, diciamo aristotelica, o bivalente perché a due valori di verità (V/F) , che presiede alle manifestazioni linguistiche dotate di senso "scientifico"; e questa se fosse da sola sarebbe arcinota, senonché essa sempre nel linguaggio si presenta e sta, secondo Matte Blanco, insieme a un'altra logica, che egli chiama simmetrica, che invece appare in modo più o meno evidente nei prodotti poetici, mistico-religiosi e affini di tutti i tempi: ciò che nella logica bivalente è vietato dal principio di non contraddizione, espresso nella logica come - (P e non-p), cioè "non è possibile che sia P e non-P allo stesso tempo e nel medesimo senso", è invece presente in logica simmetrica, p. e. quando il mistico dice "luce oscura" o l'alchimista antenato del chimico dice "sole nero" (e di certo non lo dice riferendosi all'eclisse) o il poeta scrive "vergine madre, figlia del tuo figlio": perché in particolare, p. e., l'esser figlio del proprio figlio è un discorso vietato dal principio della scienza e del discorso dotato di senso, in apparenza.
Eppure, benché sia vietato perché contraddittorio, noi "riconosciamo" quanto espresso in questo linguaggio del poeta, p. e., perché sebbene la logica sottostante sia un'altra (e cioè "è possibile che P e non-P allo stesso tempo", l'esatto opposto del principio di non contraddizione), noi diciamo che si tratta di altissima poesia (teologica, nel caso) e lo "sentiamo" vicino.
Tale è la "logica simmetrica" basata sul principio di simmetria, che enuncio così: "le simmetrie del pensiero-linguaggio che sono vietate nella logica ordinaria o aristotelica sono consentite nella logica simmetrica". Per esempio, la logica ordinaria vieta come "falso" che, se A è zio di B, allora B è zio di A; la logica simmetrica invece lo consente. L'altro principio della logica simmetrica, il principio di generalizzazione, afferma che i soggetti di generalizzazioni identiche sono identici. Ciò porta a conseguenze assurde sul piano aristotelico e del senso ordinario: p. e. sono forse identici il professore e la madre perché, generalizzando, portano identico predicato: cioè nutrono? Distinguendo (per la logica ordinaria) dovremmo precisare che il professore nutre (nel migliore dei casi, se tutto va bene) lo spirito, ex analogia dunque, mentre la madre in concreto, nella realtà nutre attraverso il seno e l'allattamento; ma per la logica simmetrica, vicina alle zone madri della mente, i due soggetti possono anche identificarsi. Allora il professore sarà identico alla madre.
Ora tutte queste maniere le ritroviamo nell'alchimia e nella magia, nella religione e nella mistica, nella mitologia e nella poesia ...
La tesi di Matte Blanco è che queste immagini di ambito non scientifico siano comunque presenti nell'uso (e sappiamo che ve ne sono pressoché infinite o in numero incalcolabile) perché tutte le creazioni dell'uomo provengono dalla mente, ma la mente è in stragrande prevalenza l'inconscio e le sue emozioni, e l'intelletto rientra in questo oceano. La logica così riveduta (non bisogna dimenticare tuttavia che, per Matte Blanco, così abbiamo trovato solo un modo di descrivere le strutture del pensiero inconscio, e lo abbiamo trovato a partire dalla logica ordinaria, ovvero secondo un punto di vista; ma descrivere secondo un punto di vista non è quel che fa ogni linguaggio che pretenda di descrivere qualcosa?) governa ogni tipo di linguaggio, e dunque è questa: un misto in proporzioni sempre variabili di stringhe bivalenti o aristoteliche e di stringhe simmetriche, con prevalenza del simmetrico nei "luoghi" più vicini all'inconscio (anche il linguaggio della follia rivela una sua logica ...) e del bivalente-aristotelico dove più ci si avvicina alla razionalità pura (un libro di Cantor, p. e.). L'insieme di queste due logiche si presenta quasi sempre, a ben vedere, nel pensiero-linguaggio, e Matte Blanco lo chiama "bi-logica" (che, per inciso, è nel suo sottotitolo: Saggio sulla bi-logica), ovvero la doppia struttura logica – aristotelica e simmetrica – dei prodotti della nostra mente, dalla matematica pura alla mistica. Il pensiero puro e l'inconscio puro sono due opposte immagini del nulla, o della distruzione della vita. La vita reale della mente si presenta sempre secondo un misto. Anche i prodotti della matematica pura, a ben vedere, sono alimentati da un sentimento piuttosto forte, che è l'emozione-sentimento di chi è motivato, come dice la psicologia, dalla consapevolezza di correre il mare compiendo un'avventura inedita della conoscenza. Anche la coinvolgente ricerca dell' astrofisico Masi era tale, cioè coinvolgente (anzitutto lo era stata per lui, come si poteva comprendere, e poi lo è stata per tutti noi), a causa dell' oggetto (una delle innumerevoli vie del collegamento tra arte e scienza, tra la notte stellata di van Gogh e l'astrofisica) e insieme per il sentimento-emozione che l'aveva animata, come animava il momento dell'esporre davanti a un pubblico. Ma l'emozione ha a che fare, senza dubbio, con le immagini e la poesia (e con la pittura, e con van Gogh!): per cui, secondo questo modo d'intendere, risulta senz'altro vero, e in un modo alquanto bi-logico (!), quel che scrive Marcella Testa: che la scienza (Einstein, nel caso) si serve di immagini, e che "questa è poesia". E cosa voleva dire l'unire da parte di van Gogh – come suggestivamente ha rivelato Masi – la rappresentazione della prospettiva della città notturna, a sinistra in basso, con quella del Gran Carro, in corrispondenza in alto, che a quell'ora di quel giorno in cui van Gogh dipinse non poteva trovarsi là ma era alla destra dell'osservatore? Appunto questo: che nell'arte la sintassi della realtà viene deliberatamente ignorata, ma ciò che ne risulta può essere di impareggiabile attrazione! Se van Gogh avesse rappresentato la relazione terra-cielo quale in effetti la vedeva in quella notte, l'emozione che a nostra volta proviamo oggi non sarebbe stata la stessa! Dunque, per quanto le stelle reali alla sua sinistra fossero importanti, egli operò una scelta che sentì per noi: l'immagine emozionante della notte stellata sul fiume e sulla Arles non poteva che essere rappresentata dalla costellazione del Gran Carro!
Il tema delle strutture bilogiche dell'inconscio, che s'individuano in ogni linguaggio possibile, è affascinante non solo per un matematico ma anche per un filosofo, come per il poeta; poiché il tema era il linguaggio, e tutti hanno parlato delle sue evidenze in arte e scienza ma nessuno – che io ricordi, solo tu, Raffaele, nella breve allusione ai "luoghi" del linguaggio, come la metafora – si è occupato delle sue strutture, mi è parso del tutto pertinente il riferimento alla bi-logica di Matte Blanco, troppo presto messa in disparte.
A presto, e tante belle scoperte e (ri)scoperte! Carlo
Per un quadro completo sull'argomento, cfr. in questa stessa pagina: Le emozioni e l'intelletto, il linguaggio dell'inconscio e le creazioni dell'uomo