19 Aprile

Elenchi di luce. Il nuovo catalogo di Gianni Rossi

Il nuovo catalogo Gianni Rossi. Intreccio elegante del pigmento, con le bella prefazione del Prof. Montella (Università del Molise), segna un ulteriore momento di coerenza nella strada che l’artista ha intrapreso molto tempo fa, e che non ha più abbandonato. Si tratta della strada del non figurativo: nel caso di Rossi, l’astratto più evidente. Si tratta, nel progetto stesso della parola astratto, di escludere la rappresentazione del mondo come ci appare, quindi le immagini. Si legge in questo senso una prima ironia: 16 delle 17 opere presenti in catalogo sono titolate “appunti di viaggio immaginario” e numerate da 2 a 17. Il primo dipinto invece si intitola “assistere allo svolgersi degli avvenimenti”. Si tratta di un viaggio dell’immaginazione, ma dunque senza le immagini o forme che, date nell’esperienza, vengono di solito rappresentate dai pittori figurativi; l’immaginario di Gianni Rossi infatti vede e prevede, nella metafisica delusione del trascorrere, del nascere e del perire, la relativa immutabilità di un mondo quasi platonico, quello senza cose, ma con l’invenzione (ovvero, il trovare) di quasi-archetipi luminosi e cromatici. Si tratta d’un viaggio in un mondo informale, generativo/astrattivo del/dal nostro traballante, transitorio universo. Viaggio immaginario per eccellenza, pertanto. L’arduo compito che si propone l’artista è non meno inventivo di quello della consueta rappresentazione delle immagini. Difatti, il mondo, anche quello dell’immaginario ordinariamente inteso, è fatto di immagini tratte dal mondo sensibile-percettivo e il lavoro dell’immaginazione consiste nel ri-crearle. Ma come si presenta il mondo, quando viene immaginato senza le immagini? Come un mondo di luce, ovviamente, che salvi le differenze; l’immaginazione, allora, si eserciterà nell’immaginare le variazioni cromatiche della luce, secondo che si danno alla nostra capacità di percepirle. S’intende l’atteggiamento del vedere: per assistere, come dichiara il pittore, non tanto per partecipare. L’atteggiamento di Rossi è teoretico: se vedere è teoria, allora egli è venuto a vedere, e vede anzitutto luci e colori, non forme che non siano solo costituite (non disegnate, neanche come contorni, come scrive il prof. Montella  nella prefazione al catalogo) dalle estensioni-frequenze dei colori. L’esperienza trova posto come accenni a transitorie modifiche, tuttavia assorbite nel colore – allo stesso modo che una pietra scheggiata conserva la scheggia e quindi memoria di un fatto. Pertanto la memoria è qui presente come accenno a turbamenti di campo, segnici e/o materici, in questa mostra come altrove, con l'introduzione di materiali diversi nel colore. Ed è qui, a mio avviso, l'accenno alla temporalità presente nello spazio cromatico dei dipinti. Ma l’inevitabile accenno all’esperienza tende a venire, appunto, annullato - con il tempo della memoria - nel non-tempo pressoché uniforme dei quasi-campi percettivi cromatici. Grande, ulteriore ironia, anche, in questi elenchi della luce. Perché elenco dal punto di vista dell’uso italiano è lista ordinata ma nell’etimo greco è anche confutazione. L’esperienza e le vacillanti immagini che vengono in essere e luce rispetto all'oscurità dell'universo si confutano e contraddicono da sé, come hanno rilevato i più antichi pensatori. Questa di Gianni Rossi è un’arte senza compromessi, che ne prende pienamente atto: dal momento che il mondo delle immagini si abolisce di continuo, tanto vale non considerarlo quasi affatto. Lo strumento attraverso il quale si confutano e annullano le immagini dell’esperienza quotidiana è appunto la luce-colore. Affermazione, a un tempo, della priorità della luce e del colore, e del naufragio necessario di ogni forma che individui l'oggetto.

Letto 1660 volte Ultima modifica il Lunedì, 05 Giugno 2017 15:15