Pochi al mondo hanno la distanza di Marcelo.
La sua solitudine, nessuno.
Ha la distanza della sua terra,
parla di vastità e di silenzi.
Solitario e lontano
balla, nel suo livello abissale.
Chiuso come la tenebra, lui
oscuramente conduce,
ma Sabrina danza come la luce
che rischiara
la fantastica notte.

Sabrina Amato e Marcelo Alvarez

Il tango è tutti i modi del guidare e
seguire, in persona.
Tu balla senza imporre.
Offri la tua variabile forma:
adeguarsi senza cedere
è specie della forza

Maria Filali e Gianpiero Galdi

Balli come vivi. Perché apprendi
da chiunque, perché commetti errori e devi
crescere. Ma balli
anche perché
sei capace di tener testa al diavolo.
E mentre vai ti si affacciano figure di tango
come parole di corpo, ci lavori finché sei
stanco morto.

Lorena Tarantino e Giovanni Cocomero

Esegui una figura.
Un passo - s'alza vento sul mare.
Il corpo della danza è vento elementare.

Altro passo,
ogni passo un quarto di luna,
sull'onda della fortuna

Natalia Cristofaro con Pablo Calvelli

Tango è meditazione in veloce sensazione,
raccogliersi e riflettere in azione,
una mente che suscita e provoca una mente,
attesa di figure di risposta,
pazienza che intesse arti d'ascolto,
orgoglio nel confronto

Yanina Quinones e Luciano Neri Piliu

30 Settembre

Premessa

Queste sono le mie originarie sette lettere sul sentire il tango argentino, che dedico a Sabrina Amato e a Marcelo Alvarez, e ai miei amici e maestri dell’associazione Gtango di Salerno. Alle prime sette lettere se ne sono aggiunte tre, di tono del tutto diverso, suggerite dall’aver vissuto un po’ di più il tango e la vita, di cui due occasionate dall’incontro con un’altra autrice tanguera, cui sono rivolte.

Ho scritto ovunque: andando di notte a Napoli alle milonghe, in una mattinata di sole invernale nel Parque Natural di Buenos Aires, sull’Oceano, oltre Puerto Madero, e infine nelle notti tra Natale e Capodanno 2010, nella mia casa.

Vorrei che ognuna di quelle mie dieci lettere e una poesia fosse come un giro di tango: improvvisata, intensa, intima. E certamente quando nacquero – era il luglio del 2006 – erano improvvisate, poi le ho riscritte di continuo, o rifatte, e ancora tormentate, fino a oggi.

Ma soprattutto: niente retorica.

A tutti i tangueri che conosco e non conosco, e perfino ai falsi maestri, perché, in qualsiasi modo, mi hanno insegnato qualcosa del tango argentino. Alla genuina simpatia di Pedro Bonavente, al secolo el Indio. Ai ragazzi in carriera di tango, che ho seguito con attenzione e affetto quasi dai primi passi, come Virginia e Gianpiero, ma anche ai simpatici e bravi Anabella e Mario, alla mancata cena a Buenos Aires, agli amici Mercedes e Rogelio, augurando loro fortuna. All’ospitalità e all’accoglienza degli amici gestori di milonga, ai capiscuola e ai maestri seri, nel napoletano e altrove; ai maestriragazzi del DNI di Buenos Aires, bravi e spesso affettuosi come sanno i sudamericani; agli amici di buon senso, persone d’equilibrio e bravi ballerini, come Dina e Donato, Paola e Leonardo, Veronica e Salvatore. Alla città di Buenos Aires, con immenso affetto, rispetto e nostalgia. A ogni donna che mi ha abbracciato, ascoltandomi con attenzione, dicendomi qualcosa di sé senza parlare. Anche a chi mi ha rifiutato: fa parte del gioco, è come la vita. È il tango.

Letto 1403 volte Ultima modifica il Lunedì, 05 Giugno 2017 07:47