Fabio Dainotti: Il pensiero in versi di Carlo Di Legge (0)
Il pensiero poetante nel libello poetico di Carlo Di Legge (Multiverso. Di quel colore che soccorre a volte, Puntoacapo Editrice, 2018)
Si tratta di pensiero poetante, è poesia pensante quella che anima il più recente libretto poetico di Carlo Di Legge (Multiverso. Di quel colore che soccorre a volte, Puntoacapo Editrice, 2018). Nella Nota dell’Autore si parla appunto di “poesia come … libera filosofia”. Poesia quindi a volte, a prima vista densa, oscura, di difficile interpretazione e decifrazione ma allo stesso tempo pregna di sensi molteplici che si possono presentare al lettore.“Soccorre” a volte, rispetto all’avvertimento del nulla e della perdita, la presenza, nell’uomo, di forti sentimenti, che possono essere positivi e costituiscono il “colore” della vita, portano ad amarla; questi vengono offerti mediante la similitudine tratta dal mondo naturale, il sensibile, i sereni animali (non fiere), per cui il 2° termine di paragone nobilita, o almeno non svilisce, il primo. Le similitudini, le metafore, rendono evidenti, chiariscono, chiarificano le idee di estrazione filosofico-scientifica che dunque includono e considerano anche la forza delle emozioni nell’uomo.
Naturalmente ciò che preme al lettore è la resa, ciò che diventa immagine, che “appare”. “Diventa” è parola significativa; perché è indubitabile una vena di metamorfismo nella poiesi di Carlo Di Legge
Indubitabile anche la presenza del nulla, certificata dal ritorno insistente di questa parola chiave nel tessuto dei versi: “sul monastero il niente si profila”. Ne consegue la concezione di una condizione di negatività; in cui la Ragione riesce con qualche difficoltà ad orientare l’uomo: “orientarsi e perdersi” (Noi siamo come una città). La realtà, o quella che si crede di vedere, è degradata; la vita, un viaggio dove “una porta gira sui cardini e sbatte, / senza chiudersi. / Un tanfo di treno s’attacca ai vestiti, addosso, nell’afa”. Inevitabile un senso di scacco, di “perdita”, altra parola pregnante.
Si nota sin dalle prime battute la volontà di comunicare (c’è spesso un destinatario, spesso appare il “tu”), in un dialogo reale tra uomini. Di qui la centralità della “parola”, con corredo di dichiarazioni di poetica (p. 34 ): “il poeta può farsi cifra dell’intera umanità”; ma vedi anche a pag. 40.
In una poesia così densa colpisce la capacità non comune di allestire una scenografia convincente mercé l’ausilio di una descrizione particolareggiata dello spazio e del tempo (Hai detto che verrai la sera). E sullo spazio-tempo l’io lirico offre meditazioni vertiginose. D’altronde è con il lessema “tempo” che si conclude qualche sezione e l’immagine chiaramente allegorica del fiume che scorre conclude l’intera silloge.
Ciò che colpisce favorevolmente infine è la tonalità bassa, uguale, direi pacata, mentre la pronunzia è controllatissima, la lingua è piana, uniforme, così come non ci sono sbavature sentimentali, né eccessi.