(numero XLII - maggio 2011)
1. Una filosofia arriva sempre tardi a dire come le cose debbano essere, ma può esservi anche un pensiero che dica come le cose possono essere.
2. Come vi sono filosofie del crepuscolo, così possono essere e sono filosofie del mezzogiorno, del mattino e dell’aurora.
3. Sebbene la filosofia non si eserciti fuori del tempo, essa s’interessa della temporalità e del significato del tempo, come per un proprio tema eccellente: come se, essendo nel tempo, si potesse riflettere, osservandolo.
4. Bisogna forse dire oggi: lo spazio-tempo? Cosa vuol dire che, curvando opportunamente lo spazio, si modifica il tempo? Il tempo non è il grande sfondo uniforme del mondo; che uguale per tutti non è, se non grosso modo e a certe condizioni; che non è quindi immodificabile, se non a condizioni date, e per quel che ne sappiamo, o preferiamo saperne, perché tale sapere è rassicurante, in qualche misura; o anche, il senso del tempo dipende da quel che intendiamo …
5. La teoria della relatività è uno squarcio esemplare, indicativo, di verità. Non è che un esempio geniale di riflessione sulla temporalità, portato con i mezzi della scienza fisica.
6. Il tempo è il vero mistero del mondo. Il tempo è il mondo stesso, in fondo, ovvero lo è come sfondo e tessuto costitutivo.
7. Alcune opere di Magritte, come L’impero delle luci, nella loro evidente assurdità, esprimono il mistero del mondo e del tempo.
8. Quei pensieri, espressi e contenuti nei dipinti, lasciano credere che non si tratti di espedienti artistici trovati in vista dell’autoaffermazione in originalità, ma della persuasione che il mondo sia realmente mistero, espressa nei mezzi della pittura, nel caso.
9. Parlando del tempo: il tempo misurabile e quello della mente, o profondo, nel senso che vi attribuisce Bergson, quasi agli antipodi tra di loro, non sono che due esempi.
10. La temporalità è l’essenza del tempo, o di ciò che così chiamiamo. La filosofia si può occupare, come per una prova o ambizione estrema, della temporalità.
11. Occuparsi della temporalità è impegnarsi con il totalmente ignoto, che pure appare qui sotto gli occhi di tutti.
12. Forse il tempo è il totalmente altro delle religioni. La temporalità è forse Dio. I caratteri del divino (onnipresenza, onnipotenza …) sono i caratteri del tempo. Sono concepibili nel tempo.
13. Ad esempio, il carattere dell’onnipotenza si può mostrare così: far sì che sia stato ciò che non è stato – far sì che non sia stato ciò che è stato. Solo nel tempo ciò è concepibile, o meglio, lo sarebbe; ma almeno il secondo carattere, Pier Damiani e altri lo attribuivano alla Divina Onnipotenza.
14. Una misurazione del tempo come quella che sappiamo effettuare si applica al tempo uniforme.
15. Il tempo uniforme, detto enfaticamente e poeticamente inesorabile, è stato considerato da tutti i filosofi e da tutti i poeti, dai matematici e dai fisici.
16. Sono ormai nel senso comune i concetti di tempo spazializzato e tempo profondo, di Henri Bergson. È molto evidente come ogni pensiero del genere non vada alla radice, che sarebbe la reale modificabilità del tempo.
17. Sembra di sentire, ascoltando Bergson: sì, il tempo profondo è del tutto diverso dal tempo spazializzato, questo è superficiale e prevedibile, quello imprevedibile e creativo, ma di fronte alla verità del tempo reale occorre arrestarsi, allargando le braccia: dichiarare la propria impotenza – di nuovo: l’uomo è essere-per-la-morte, oltre non si va.
18. Se tuttavia la filosofia si limita a descrivere ciò che appare a tutti e perlopiù, ciò che è universalmente condiviso nell’esperienza, essa non può oltrepassare ciò che appare a tutti e perlopiù e resta una filosofia del crepuscolo. Appare dopo che le cose sono state o quando già sono.
19. Timorosi del ridicolo, non si avventurano oltre le colonne d’Ercole del pensiero. Queste sono: ciò che appare a tutti e perlopiù.
20. Eppure, sia ridicolo o meno quel che facciamo e pensiamo, la nostra sorte ci accomuna. Perché allora non facciamo nostro l’esempio dantesco – almeno secondo questa interpretazione, perché non facciamo nostro l’ardimento del pensiero, spiegando vele e manovrando remi, oltre, nel mare ignoto?
21. E allora sconfineremmo senz’altro nelle fantasticherie? Ma disponiamo di un metodo, lo sappiamo – ciò non toglie che anche fantasmi e visioni potrebbero essere in qualche caso considerati … dipende da scelte.
22. Adesso comincio a intendere diversamente la mia antica attrazione per le religioni. Difatti le religioni hanno inteso che il mistero v’è.
23. La filosofia spesso ridicolizza il mistero, e i molti ridono del mistero, come se il metodo potesse costituire anche l’oggetto. Il mondo non può essere totalmente illuminato, come si pretende.
24. Il mondo è ben lontano dall’essere illuminato, e con esso l’esistenza.
25. Se il metodo si fonda sul chiaro e distinto – posto che sia così – l’oggetto del metodo o si ritaglia nel mondo con i caratteri del metodo, oppure è il mondo, che non è chiaro e distinto.
26. Certo che l’adesione di molti non conta, in certi casi. Ma denota pur sempre la partecipazione d’emozione.
27. Allora forse la filosofia ha voluto distinguersi dalla religione, come il filosofo intende differenziarsi dal credente. Vedo tuttavia numerose eccezioni, dal laico Hume al religioso Agostino.
28. Quali conseguenze per l’etica, se la nostra concezione del tempo si trovasse a dover mutare, se mutasse? Si pensi al senso comune dei giovani: da giovani ci comportiamo e in fondo pensiamo come se fossimo eterni, sebbene il pensiero della morte ci visiti – ma in astratto, non come imminenza.
29. Un altro esempio: l’infame agisce come se non dovesse rispondere mai delle proprie azioni, sebbene qualcuno forse talvolta desideri la punizione (ma questo è diverso).
30. Il giusto invece si comporta come se ogni sua azione fosse l’ultima e dovesse essere ricordata.
31. Ma ogni azione sublime diffonde luce per sempre; ogni azione malvagia grida per sempre vendetta. Vero in senso morale, forse; e se fosse vero nel senso letterale? Lo si applichi a tutti gli esempi proposti.
32. Di qui procede il senso comune dell’infame: che tutti gli uomini sembrano rispondere solo al tempo uniforme per tutti e alla morte. Si risponde usque ad mortem, fino alla morte: non oltre – dopo la morte nessuno risponderà di nulla.
33. E se il tempo non fosse per tutti uniforme? E se il tempo divenisse per noi un giorno la materia suscettibile, flessibile e plastica, del mondo? Se per ognuno o per qualcuno divenisse possibile passare da ogni punto a qualunque altro punto del fluire?
34. E se veramente si fosse allora suscettibili di rispondere in eterno e in qualunque punto del tempo? Quali conseguenze per l’etica?
35. Seguendo la via di tutti, nella prospettiva che ci si mostra, siamo portati a credere nello spazio-tempo come rigido e uniforme. Non giova che la mente ovvero il nostro sistema percettivo-sensibile) testimonino e vogliano altre possibilità.
36. Le persone cosiddette di buon senso non credono alla narrazione di esperienze singolari, che ci testimoniano altre realtà, almeno come possibilità.
37. Esistono un buon senso e un senso comune filosofici, piatti e grevi. Abitano soprattutto nelle università, tra i professori di filosofia.
38. Il sorriso del filosofo che crede solo nella ragione mi fa sorridere – la ragione, qualunque cosa sia, quella che intendono i filosofi da museo, da sola è nulla. Leggere lo stesso pensiero di Parmenide, agli albori della filosofia, mi testimonia di una fortissima passione. Trasmette un’emozione attraverso i millenni!
39. Ma andiamo ai fatti condivisi, non a quelli controversi. Da tutti e perlopiù: sia pure!
40. Non abbiamo forse vinto le barriere spaziali, dapprima con la radio e poi con la televisione – o dovrei dire: spazio-temporali – con il telefono fisso e poi quello mobile, e con gli altri ritrovati della tecnica applicata?
41. Forse che la voce e l’immagine non presentano connotati fisici – e allora non si sono superate, con un semplice telefono cellulare le barriere spazio-temporali, dette distanze, senza che alcuno, di fronte all’evidenza dei fatti, trovi in ciò alcunché di ridicolo?
42. Ognuno si precipita a godere dei nuovi giocattoli tecnologici. L’impossibile, l’incredibile, divengono, di nuovo, senso comune.
43. Cos’altro vuol dire l’espressione, oggi molto in voga, tempo reale? Che, se ti trovi all’altro capo del pianeta, puoi trasmettere la tua immagine, nell’istante, a chi si trova da questa parte, e puoi, insieme, parlare con lui.
44. Si trasmettono l’immagine e il suono da qualunque a qualunque punto, senza limite di spazio-tempo. Era impensabile in concreto; adesso appare del tutto alla portata.
45. Quindi ciò è reale, tutto quel che la scienza e la tecnica hanno reso tale, portandolo a far parte della realtà, modificando i connotati di realtà dello spazio-tempo. Che restano uniformi, e non lo sono più, affatto!
46. Perché allora non dovremmo ammettere – disponendo di opportune tecnologie – la possibilità, p. e., di trasporto fisico delle persone in tempo reale – cioè all’istante – nello spazio e nel tempo?
47. Proprio la disponibilità dei nuovi mezzi elettronici dimostra, per esperienza universale e condivisa, che lo spazio-tempo non sono la barriera insormontabile della condizione umana. E allora si è trovato il termine virtuale per distinguere gli effetti delle tecnologie dalla realtà, come se quelli non fossero entrati a far parte di realtà.
48. Ciò che invero si manifesta solo nella sfera della mente con la memoria e in quella delle emozioni o dell’inconscio, individuale o collettivo, studiato da Freud e dagli altri – e cioè che vi sono fatti originari, che non hanno tempo, ovvero permangono in una zona franca dal tempo, ovvero in un luogo che agisce nel presente ma che è in grado di essere, a certe condizioni, in ogni zona privilegiata (originaria) del tempo passato – per merito delle tecnologie diviene realtà. Fino a che punto ora, ci si domanda, la realtà può cambiare?
49. Verosimile che per generazioni ancora la realtà condivisa nel senso comune, anche scientifico, dello spazio tempo non cambi; poco verosimile che non cambi mai più.
50. Questo trascendere le condizioni dello spazio-tempo non è un brandello della divina onnipotenza? Anche se il carattere dell’onnipotenza viene consegnato alla tecnologia?
51. Domando piuttosto: quali cause hanno generato una tendenza così irresistibile al superamento della condizione spazio-temporale?
52. Rispondo che la causa, come è già evidente al n. 48, sopra, consiste nella sfera delle emozioni e delle passioni, che sempre si presentano accompagnate da forme di ragionamento. V’è affinità o legame forte ed evidente tra le passioni, consapevoli o no, e il tempo. I poeti, gli scrittori, i filosofi, hanno sempre posto in risalto il desiderio invincibile del superamento del male e della perdita, di fronte alla nostalgia e al dolore dell’umanità a causa del male e della morte irreversibile di tutte le cose. Mi sembra questo il senso, non precisamente del metafisico, ma del trascendente.
53. È pur vero che alcuni sembrano essersi cullati nella condizione umana della caducità: tanto da dire, pressappoco – se io fossi immortale, infine non potrei più desiderare di esserlo (Borges, L’immortale); o – se io fossi sempre giovane, ciò infine sarebbe per me una tremenda e maledetta condizione (Wilde, The Portrait of Dorian Gray). Ciò mi sembrerebbe valido solo nel caso in cui fossi io soltanto a dover sostenere l’immortalità o l’eterna giovinezza; ma sarebbe così se tutti ne fruissero?
54. Ma le passioni, come quelle menzionate ed altre, sono veramente un elemento divino e trascendente nell’uomo, perché lo portano continuamente al di là di se stesso. E questo può valere anche per quanto riguarda la condizione irreversibile dello spazio-tempo. Può essere molto fertile indagare il legame tra le passioni e il tempo.
55. La vita dell’uomo è sempre diretta da una dinamica circolare, comunque si voglia descrivere tale dinamica, di emozione – sentimento – motivazione – azione – emozione … (e la passione, o il sentimento, detto in genere, comporta l’azione sulle cose e sugli altri).
56. I dipinti lontani del tempo o vicini – i Bruegel con le loro bieche presenze, van Gogh … anche i filosofi, alcuni passi del razionale Aristotele, ci trasmettono una fortissima corrente d’emozione.
57. L’intelligenza o ratio non è che una componente del tessuto della mente (o mente-cervello?), la cui sostanza è l’emozione-sentimento – la vita delle passioni.
58. L’uomo viene coinvolto nella nascita e nella corrente di una passione, sia quella per l’altro, sia per le idee. Ma sembra che ciò non cambi le carte del gioco inflessibile: nel migliore dei casi, l’uomo si rassegna alla perdita per morte.
59. L’uomo assiste sbigottito agli eventi casuali e ineluttabili: com’è possibile questo? Come, questa azione?
60. L’uomo trae dolore e angoscia dal fluire delle cose che in ultima analisi si chiama: irreversibilità del tempo.
61. L’uomo si domanda: com’è possibile che le cose siano e al tempo stesso non siano? Che siano, piuttosto che non essere? (E anche: come sarebbe possibile che non fossero?).
62. L’uomo si domanda: com’è possibile che questi, il mio genitore, di cui sono parte, il mio amico, che ieri era, oggi non sia più?
63. L’uomo si domanda: qual è il valore del passato, detto ieri? Forse illusione? Ma pochi lo sostengono: i fantasmi sono illusione, il passato non lo è. Forse che il passato, in cui questo era, non è niente, visto che questo nell’istante successivo non è più, o non è come era?
64. Hegel, nelle celebri indagini della sua Fenomenologia dello spirito, ha descritto come, almeno a un certo stadio della vicenda spirituale, si potesse assicurare il permanere del dileguare sostituendo l’universalità permanente del questo e dell’ora – segno dell’autocoscienza che procede – al rispettivo dileguante contenuto. Ma l’intenzione finale di Hegel – che lo spirito sia tutto – e che il nostro quotidiano fenomeno (nella sua terminologia: epifenomeno) non abbia che un valore irrilevante, non persuade chi ricerca il valore dell’esistenza.
65. L’uomo si domanda invece: la perdita reale com’è possibile? Come, un’inferriata o un mobile sopravvivono a un uomo? Si domanda: cos’è questo che chiamo il diverso transitare nel tempo di un uomo, dei mobili della sua casa e della sua casa?
66. L’uomo, rispetto al mistero del tempo, deve avvedersi di quanto il suo linguaggio sia realmente (cioè rispetto all’essenza) inadeguato. Al contempo, è il migliore possibile al momento.
67. Così l’uomo si domanda: cosa resta? Cosa vuol dire nascere, vivere e morire? Cosa intendono veramente espressioni usate con disinvoltura, come qui visse, o al momento non c’è, o domani sarà così?
68. L’uomo si domanda perché debba sentirsi in punto di morte, se il cuore è giovane al punto che potrebbe rinascere; si domanda anche perché dovrebbe persino essere costretto a nasconderlo.
69. L’uomo si domanda perché l’amore ieri fosse, ma oggi non sia più. La questione, in questo caso, riguarda il valore dello ieri, e l’uomo deve rispondere. Ma non sa, e le risposte non appaiono persuasive alla passione che anima l’uomo.
70. La nostalgia e il dolore, come l’amore e la gioia, sono emozioni (sentimenti).
71. Emozioni, passioni, sentimenti, sono reali almeno quanto il tempo, e sono determinanti nella vita dell’uomo.
72. Le emozioni-passioni dell’umanità hanno generato messaggi che superano il tempo, e continuano a generarne.
73. Che significato ha, in emozione, che qualcosa da me generato sopravviva a me stesso?
74. Qual vivente significato d’emozione ha che qualcosa da me trovato – quando sono venuto in essere (esistere) – continuerà ad essere, quando avrò finito di esistere?
75. Vi trovo almeno questo, nel permanere: che le opere della vita sono anche messaggi, veicoli di tempo e d’emozione, che continuano oltre la singola vita, e vivono in emozione, benché classificati come non viventi. E alcuni di tali messaggi sono intenzionali.
76. Sono davanti a una riproduzione della ragazza dall’orecchino di perla di Vermeer. Una possibile datazione è intorno al 1669-70 e ora la ragazza – nel dipinto, quasi una bambina – e l’autore, sono polvere. Ma essi sono rimasti con noi, e, sebbene il tempo abbia cominciato il proprio lavoro anche sul volto dipinto, tuttavia il messaggio che mi perviene è di struggente intensità: mi dice – voglio essere ancora, voglio esistere presso di te, come una tua contemporanea, in carne e ossa. Non giova pensare che, se fosse accanto a me nel tempo, forse neanche la vedrei.
77. Non credo che il tempo sia realmente invincibile; ma, per il momento, trecento anni o duemila possono essere vinti solo dall’emozione, generata da emozione, da una passione.
78. L’emozione, volatile sostanza, è la componente fondamentale, assieme al tempo, della vita degli uomini.
L’emozione genera la motivazione. I sentimenti. Ho motivi e scopi verso mete che leggo come significative. Le dinamiche di eros sono note: eros non è altro che la passione.
Il nobile buddhismo ha ragione nell’indicare i nomi del dolore e della morte. Sfiora l’essenza, mentre afferma l’apparenza dell’apparire. Sbaglia del tutto quando indica vie d’uscita: invece vanno seguite le passioni più forti, esse porteranno l’uomo oltre le condizioni stesse che quel pensiero denuncia.
79. Platone sapeva che è la follia o mania a motivarci a compiere cose grandi, le nostre migliori.
80. Potrei riformulare che il tempo e le passioni, di cui la motivazione è componente, generano emozioni come veicoli d’azione e sono i due grandi motivi dell’esistenza umana – che è il terzo grande motivo. Senza esistenza, non passioni, né tempo, per noi – e neanche noi.
81. La passione fondamentale degli uomini non è la filosofia, o la religione, o il gioco, o il sesso o il cibo e il bere. Ma, certo, la filosofia pretende di andare al fondamento.
82. La passione fondamentale degli uomini è per il tempo: l’uomo si occupa del tempo – in filosofia, con certi strumenti, in poesia e letteratura, con altri; in religione, con altri ancora. Strumenti affini in pensiero-linguaggio.
83. Il tempo da sempre appassiona l’uomo. Certo l’occuparsi dei traffici e del denaro ha a che fare con il tempo, perché è forma di impiego del proprio tempo che può apparire come avente senso, sensata; mentre il sesso e i piaceri, per quanto mi risultino gradevoli, desiderabili, mi appaiono piuttosto come una forma dissipatoria. E dico allora: si inganna il tempo, oppure: si ammazza il tempo.
84. La passione, che ci porta a occuparci del tempo, può e dovrebbe quasi superare di fatto i limiti del tempo, e non solo nella fiction. A causa delle ricerche volte alle tecnologie militari, motivate dalla guerra? Ma non dimentichiamo che anche la guerra è oggetto di una passione. Malefica.
85. Filosofare è spinozare, pensava Hegel. Ma Spinoza aveva previsto, nel corpo dell’unico Dio-natura,
infiniti attributi, spiegando il fatto che ne conosciamo solo due (spazio e tempo) a causa di un nostro limite conoscitivo. E li aveva considerati, ovviamente, congiunti nell’unico Uno.
86. Conosciamo lo spazio-tempo così come ci si presenta a causa del nostro limite: ma tendiamo a superare ogni nostro limite, sulla spinta delle passioni – l’altro grande elemento, costante e fondamento dell’uomo-divinità, e anche questo sapeva Spinoza. Con il tempo, e l’esistenza, vanno considerate le passioni. Una geometria adeguata delle passioni offrirebbe la relazione precisa tra passioni, spazio-tempo ed esistenza.
87. Esistenza: miracolo del caos, della probabilità, o di cose che non sappiamo.
88. Ridicolo chi pensa di avere spiegato tutto: vedi l’atteggiamento prudente dei veri uomini di scienza – siamo ben lontani dall’avere il tutto alla mano. Non è ridicolo, affatto, chi attesta il mistero.
89. Quando sarà – sarà sempre tardi – sapremo come trasportarci nello spazio-tempo. Sapremo anche le condizioni dell’immortalità: benché questo sia diverso, ma ha da fare sempre col tempo.
90. Le tecnologie si perfezionano con vertiginosa rapidità. Ma il principio che possa veramente consentirci la flessibilità dello spazio-tempo lo vediamo solo lontanamente. Forse che la direzione era sbagliata, e non era quella della scienza e della tecnica? Vi sembriamo vincolati; ma di certo – è solo una congettura – se vi fossero scoperte e strade note in altro senso, qualcuno le terrebbe gelosamente segrete – si comprende facilmente il perché.
91. Non si potrebbero solo combattere le guerre, intervenendo sullo spazio- tempo. Ma, anche, nessuna perdita sarebbe allora per sempre: si potrebbe tornare a visitare ed amare chi si è perduto. Chi ci odia potrebbe rintracciarci oltre la morte. Forse si potrebbe far sì, come il dio onnipotente di Pier Damiani, che interviene sul passato, che ciò che è stato non sia stato.
92. Potremmo comportarci come se dovessimo vivere sempre, perché sarebbe alla nostra portata, se non l’immortalità, almeno il trovarsi a piacimento in qualunque punto del tempo. Ciò implicherebbe nuovi rischi, prima ignoti, e una nuova legislazione, e una diversa morale. Ma non crollerebbe l’assioma della responsabilità.
93. L’infame e l’aguzzino verrebbero impediti, rispetto alla presente malvagità, da un’azione provvidente dal futuro, in vista del presente e del futuro. Ciò che è una volta, è per sempre; ma quando la linea del tempo sarà a quel punto, qualcuno sarà in grado di viaggiare dal futuro e interverrà su azioni passate, per prevenire e impedire prima che per punire. Secondo questa ipotesi, la mobile linea del tempo non si è ancora portata fin lì.
94. Se fosse possibile portarsi nel futuro, si potrebbe saperne tutte le disgrazie, le conseguenze, e in qualche misura porvi riparo nel presente; oppure, siccome il futuro è già domani, e anzi è oggi il futuro di ieri, da domani potremmo tornare nell’oggi, e impedire l’accadere, se necessario, o favorirlo. Ma non è vero che l’etica non vi sarebbe, è solo che questa (queste) etica sarebbe sostituita da un’altra.
95. Un’autorità detentrice del dominio temporale non avrebbe veramente il dominio assoluto degli uomini: le variabili decisive del comportamento restano infatti le passioni. Solo il controllo assoluto delle passioni (emozioni, sentimenti) offre la prospettiva del dominio assoluto degli uomini. La fiction ha già provveduto a simili rappresentazioni. Un po’ rozze, forse – per quanto dettagliate.
96. Non è ancora nato chi controlli tempo e passioni in esistenza (basterebbero le passioni, il dominio sulle passioni; ma il nostro problema non era quello del dominio assoluto dell’umanità, era quello del dominio del tempo, al fine di curare il dolore e la sofferenza in esistenza, in questa modalità che sappiamo e forse in altre che non sappiamo).
97. Una filosofia non deve solo saper levarsi in volo sul far del crepuscolo, quando la giornata è trascorsa. Anche se questo, certo, è già tanto.
98. Ma, come vi sono uccelli della notte, così ve ne sono del giorno. Forse un giorno sapremo che la direzione di ricerca era sbagliata e che la direzione della relazione tra emozioni o passioni, tempo ed esistenza, era quella giusta. Ma non possediamo una tecnologia avulsa dalla scienza e applicata, per così dire, subito al sentimento, che consenta a questo di influire direttamente sulle cose; soltanto dico che per ora il sentimento (passione, emozione), attraverso la (per mezzo della) tecnologia, può arrivare a influire su tutta la condizione umana. Lo dico, perché già avviene.
99. Allora anche questi pensieri si avvicinano, con la loro cautela, al crepuscolo? Può darsi.
100. Ma un pensiero del terzo millennio può ricominciare, come pensiero forte, riflettendo ancora su alcune linee del grande Ebreo olandese, e di tutti coloro che, come Giordano Bruno, in altro modo hanno sentito il fascino dell’enorme animale multiversale e divino in cui siamo tutti misteriosamente in essere, in qualche modo – forse non solo quello dell’esistere – compresi.