23 Ottobre

Per la poesia di Pirrera

Giornata per l'ottantesimo compleanno di Pirrera e per la poesia:

intervento al Liceo "Parmenide" di Vallo della Lucania

Giovedì 17 ottobre 2013

Siamo insieme per l' ottantesimo compleanno di Pirrera, come avevamo concordato un anno fa.

Per l'ospitalità ringrazio sentitamente il Dirigente prof. Francesco Massanova.

Mi dispiace sinceramente per l'assenza di rilievo, quella del prof. Vincenzo Guarracino, che in questi anni ci ha accompagnato, e spero che egli voglia essere con noi a Vallo o altrove in una prossima occasione.

Chi non ricorda il luogo di Aristotele e di Platone, per cui la filosofia nasce dalla meraviglia? La parola meraviglia/ammirazione è presente come thaumàzein in Platone, Teeteto, 11, 155d ("Questa emozione ... è propria del filosofo; né la filosofia ha altro principio al di fuori di questo"); e Aristotele (Metafisica, I, 2, 982b 12 sgg.: "In virtù dell'ammirazione gli uomini cominciarono per la prima volta a filosofare e anche ora filosofano").

E così anche Giambattista Vico fa risalire l'origine della civiltà alla forza di un'emozione, sebbene non si possa considerare in questo caso tanto la meraviglia quanto il timore e lo spavento in un animo, come quello dei primitivi, "perturbato e commosso".

Non sorprende constatare che insiste oggi tra gli uomini l'atteggiamento della meraviglia e del meravigliarsi. Ma nei miei esempi non si tratta propriamente dei filosofi, che anzi spesso hanno perduto questa ottima abitudine.

Ne menziono due.

Il primo, di Antonio Damasio: " (...) la dignità di quella mente umana (non) è sminuita dal fatto che si stabilisca una connessione fra di essa e la complessità sbalorditiva, unita alla stupefacente bellezza, delle cellule e dei tessuti viventi. Al contrario, connettere la personalità alla biologia è un'inesauribile fonte di ammirazione e rispetto per tutto ciò che è umano" (A. Damasio, Self comes to Mind. Constructing the Conscious Brain, tr. it. Il sé viene alla mente. La costruzione del cervello cosciente, Adelphi 2012, p. 45).

Il secondo luogo appartiene a V. Ramachandran: "non dobbiamo temere che il fatto di essere composto di atomi renda il sé anche di un solo grammo meraviglioso e mirabile" (The Tell-Tale Brain – tr. it. L'uomo che credeva di essere morto e altri casi clinici sul mistero della natura umana, tr. it. Mondadori 2012, p. 316).

Non si tratta di filosofi dunque ma di scienziati della mente. Grandi scienziati contemporanei, viventi e operanti: in tutti ricorre la menzione del tutto genuina della meraviglia e dell'atto di provare meraviglia, di stupirsi.

E la poesia, non è ancor più l'effetto dell'emozione della meraviglia per il mondo?

Lo stupore del mondo – espressione che si adottò per indicare la persona di Federico II di Svevia – è l'espressione che qui userei, in po' forzando semanticamente il termine stupore, per indicare la poesia, intendendola nel doppio senso che il mondo degli uomini si meraviglia per la poesia, se è genuina, e che la poesia continui come atteggiamento genuino di ammirazione e meraviglia per il mondo.

Lo attestato gli uomini, di qualunque cultura e formazione essi siano.

Se del poeta è fin la meraviglia, qui la meraviglia non va intesa come conseguenza dell'uso di artifici fatti per suscitare lo stupore ma come genuino atteggiamento di ammirazione per il mondo e per la sue immagini, dunque come continuo emozionarsi per quello che c'è e per quello che si vede e che non si vede (visionario).

Pensavo che forse la poesia non cambia le cose. Ma poi ho visto che l'emozione lo fa e lo ha sempre fatto: lo sapevano già gli antichi – gli uomini eccellenti, "quando si trovavano in stato di mania, procurarono all'Ellade molti e bei benefici [...] mentre, quando si trovavano in stato di senno, ne procurarono pochi o nessuno" (Platone, Fedro, 244b). E la poesia non ha stretta parentela – è una sola cosa – con l'emozione?

Dunque la poesia, come l'emozione di cui è fatta, può cambiare qualcosa, perché chi sente e prova emozioni, se possibile positive, già sta cambiando se stesso.

Pirrera ha dedicato la vita alla poesia e alla scrittura. Il fatto che egli voglia l'attenzione coincide con il fatto che la poesia dovrebbe avere l'attenzione del mondo.

Perché come scriveva Alda Merini abbiamo bisogno di poesia:

Se tu – forse è il respiro dei fiori –
mi portassi lontano
da questa mania di tempo e di spazio,
oltre e più oltre ancora
e poi più lontano dagli occhi miei
legati alla miseria dei giorni uguali,
forse mi vedresti sorridere
ai paesaggi
che mi si schiusero alle tue parole.

(Omar Pirrera, Il respiro dei primi fiori, in Deserto e poesia)

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