A cura di Menotti Lerro
Poeti Empatici Italiani, Genesi editrice, Torino, 2025.
di Carlo Di Legge
Nell’antologia, come Menotti Lerro scrive all’inizio, vengono inclusi un “nutrito e significante gruppo di poeti”. Ecco, questo già può essere un modo condivisibile: ci si trova al cospetto di un’abbondanza di versi perlopiù importanti di decine di poeti italiani, molti sono attualmente riconosciuti, anche se non più viventi. Quando ho letto la fervida introduzione, si sono poi precisati altri dettagli dell’idea madre. Qualcosa già sapevo, per avere scritto sull’argomento in anni passati. Un punto di vista molto significativo può essere il criteriodi “interdisciplinarità” tra i campi dell’arte, sebbene gruppi di artisti aderenti al movimento di cui si parla – o “Movimento Empatico” o “Empatismo” – possano di fatto appartenere allo stesso campo.
Decisiva, per l’inclusione in antologia, l’adesione dell’artista ai “valori del «Nuovo Manifesto sulle Arti» (2019)”. Più nel merito, mi sembra ci si addentri in un ambito finora non tentato.
Ecco, intendo che nella storia della poesia e dell’arte italiana non mancano i tentativi di aggregazione degli artisti in gruppi e movimenti. Solo che allora possiamo vedere come i confini di volta in volta tracciati minacciassero di diventare vincolanti. Quindi quelle vicende si possono leggere anche come prese di partito e come divisioni.
Siamo nel campo dell’arte, non bisogna dimenticarlo. Perché divisioni? Perché si può sempre parlare di criteri diversi se non di militanza. Ma credo che oggi non sia più il caso. Essere di questa o quella idea non sembra più fattore di divisione.
In questo senso credo che anche criteri citati nelle ultime pagine, come “il rifiuto della specializzazione in campo artistico” e “l’affermazione di una figura di Artista maggiormente coinvolto nella società civile”, pur venendo precisati, vadano intesi in senso non divisivo: altrimenti perché considerare l’Empatismo al primo posto?
A partire, per fare esempi, dal linguaggio forte dei futuristi, a procedere per i vari gruppi della poesia – si potrebbe cominciare dal Gruppo ‘63 – si trovano condizioni di appartenenza ai gruppi che, sebbene via via più larghe, pensate al fine di far corrispondere la poesia alla società, al tempo, alle evoluzioni tecnologiche, al quadro europeo o planetario – hanno rischiato di rinchiudere di nuovo gli aderenti più, o almeno allo stesso modo, di quanto essi in buona fede cercassero un superamento dell’immobilità e delle chiusure. Pericolo questo, mi sembra, di cui gli artisti furono abbastanza consapevoli. Ma si possono fare delle scelte.
Fermo restando che ognuno quindi elegge un proprio percorso, o viene scelto dall’angelo che lo visita nel tempo che attraversa, e che quindi ogni artista ha una storia, che può tracciare sentieri diversi, essere una e molte, l’arte e la poesia sono, come la vita, incatturabili, non si lasciano fermare entro criteri come “allegoria” o “simbolo” o “arte per l’arte” o “arte sociale” o “arte marxista” o “neoclassicismo” o “sperimentalismo” (e quale?) e lo stesso valore della “bellezza”, che diversi poeti qui menzionano, è molto discutibile se riferito all’arti-ficio, mentre credo lo sia molto meno se lo si predica dell’essere umano o della cosiddetta natura o del nostro modo di percepirli. Ovviamente si tratta di idee, e spero che a nessuno oggi verrà in mente che le idee sono indiscutibili. Anche questadi confrontarsi con il mondo è un’idea presente nell’Empatismo: “i fenomeni odierni di globalizzazione, che hanno messo a disposizione di ognuno conoscenza più ampia” con l’esempio illustre accluso –
Montale che viene colpito dalla traduzione di T. S. Eliot mostratagli da Praz. Certo che il mondo è da tempo fatto villaggio, ma ciò non esclude poesia del paesaggio, e quindi che il villaggio a sua volta sia mondo. Se, sempre per fare un esempio, all’origine del nostro modo di pensare si è creduto di far coincidere il vero col giusto e col bello, questa sembra un’idea molto consistente, e bisogna avere del coraggio e della competenza anche solo per metterla in questione: in ogni caso, è del tutto legittimo parlare di bellezza come criterio, ma cosa s’intende? Anche discuterne è possibile.
Suggestiva, l’idea dell’Artista totale qui presente: “Si chiamerebbe “Artista totale” un essere siffatto, o “Artista” con la A maiuscola – finalmente, mi verrebbe da pensare – ossia capace di raccontare il quadro usando ogni singola nota musicale.” Va bene, e molto: ciò non esclude che un artista possa essere uno specialista, e di gran valore, in grado di sentire, mentre forgia e compone, o danza e recita, più modalità d’arte farsi corpo o segno, differenti tecnologiche con-venire al suo modo.
Due punti mi colpiscono, in questa introduzione e nel libro, se, fedelmente per quanto possibile, vi si riportano i contenuti, come ho cercato di fare. Uno è la definizione dell’Empatismo in arte: dalla apparente semplicità di Vivian Lamarque – “siamo piccole voci/ per un coro grande” a Giampiero Neri, le cui parole sono definite come “un invito… al dialogo, all’unione, alla speranza d’amore tra gli artisti e tra ogni essere della Terra”.
Gli artisti che hanno contribuito all’antologia vi hanno perlopiù portato parole di apertura, molto spesso come forma dell’amore. Intendo Calabrò:
Svegliarsi e sapere che mi pensi
pensarti e non poter dormire…
Svegliarsi e non sapere se mi pensi …
sognarti e aver paura di dormire …
oppure
Mi manchi quando ti cammino a fianco...,
o Kemeny, a sfida:
ogni sorriso dell’Amata
m’inonda dello sfolgorio
di un Dio procreatore eterno
della bellezza certa
o ancora Rondoni, qui in esiti incisivi:
… anche lei
ha l’apocalisse negli occhi belli
tutto quello che ho amato
e una croce nella gola –
poi al mio sguardo s’invola
…
i cavalli di luce che fuggono
le danno un manto di fiamme, regina
e così magra, sola.
Coco, cordiale e vero, Dagnino, competente in parola come in pittura, che sceglie di esporre (vada inteso quasi alla lettera) il motivo del gossip in Rockwell: bocca-orecchio, “ciò che è stato ruminato nelle voci dei vicini”; Villalta; Gros-Pietro, sul giocoso:
coniglio blu,
piccola coppa d’ogni abbondanza
tu sei la civetta della mia luna
risorgente
o la Maraini che conosciamo, per il femminile; Lamarque descrive un far l’amore e una gravidanza in poesia, con parola semplice ed efficace.
L’empaticità vira un po’ nel verso di Fantato, nella memoria della umanità paterna –
(padre,) Era uno strano abbraccio il tuo,
senza toccarci, come per pudore,
ma sempre tu – la roccia e il cardine
di quella nostra meraviglia
di bambini,
come fanno, ricordando il padre, Lucrezia e Menotti Lerro; o, nel caso di Pecora, in due distinti componimenti, immagini di padre e madre; o il nonno, e altri consanguinei, nel caso di Rossi.
Motivi diversi vengono in luce in Bertoni e Fresa (proveniente quest’ultimo da studi classici e anche musicali) che qui presenta, mi pare, versi della partecipazione intenta, certo, ma cogliendo aspetti di vita con qualche riserva dello sguardo; in Frenecomunque, nell’umana attenzione alla storia che di lei conosciamo, è lo sguardo alla tragedia che si ripete: come oggi nel Mediterraneo così vengono mostrati un tempo i Goti, spaventati da feroci invasori, periscono nel fiume):
quando i più feroci di questi iniziarono ad arrivare dalle steppe,
i Goti su imbarcazioni requisite dai Romani o su zattere di fortuna
passarono per settimane in massa il Danubio
chiedendo accoglienza
molti Goti nell’attraversare il Danubio
morirono affogati
e similmente in Rossani.
Cucchi, nel ri-trovarsi in solitudine, come in alto lamento, in una specie di versione laica e contemporanea dell’ubisunt:
Tutto l’avvenire è già avvenuto.
E dove sono quelli che ho amato,
che accanto a me mi ero tenuto?
Gli amici sono spariti o sparsi…
Mentre De Angelis, quasi rispondendogli, propone un diverso umano ma sublimante sentire:
Non aggrapparti, accetta
accetta
di perdere qualcosa
o Pontiggia, con un messaggio all’apparenza lineare, in qualche modo compassionevole verso i nuovi nati e le loro sorti, un po’ come nella chiusura del sabato del villaggio:
Lettore giovane e ardente,
prendi nota del tuo destino.
La vita è in agguato, sempre,
sulle strade del nostro cammino.
Il legame forte alla terra natale e alla gente è dichiarato nella poesia e nell’azione di M. Lerro, anglista che vive a Milano, al quale è doveroso riconoscere la capacità di iniziativa e di proposta, visione e forza aggregante che hanno saputo suscitare il Movimento Empatico: sono fatti – suggestioni che condivide chi abbia visitato o lavorato in quell’angolo unico del mondo:
(Cilento,) i tuoi arenili, i borghi allucinati
dalle inestinguibili bocche montuose,
le strepitanti rovine delle civiltà remote.
o suggestioni, mitologie nutrite di eros dello spirito,
A cosa serve amare un giorno se non basta
una vita per dimenticare? A cosa serve
un bacio se la sua eco ci fa sordi?
Eppure è nel silenzio sfibrato
di quel tocco incauto di labbra
che tutto si riscatta
Insomma è qui in questione non la costruzione di muri o di altre barriere e limiti, ma, in un momento che, finché durerà, mi arrischio a definire favorevole alla poesia come per l’arte, tanto che fioriscono ovunque mostre e poeti, libri e reading – si pongono le basi per un maggior ascolto, per una maggiore attenzione agli altri, perché si faccia arte con le arti o con la vita: anche vivere, come viene suggerito, può ben essere un’arte. Se l’empatia è stata messa in dubbio nel suo stesso sussistere dalle neuroscienze e dalle psicologie, cosa divina resta l’idea di empatia, come vede Arminio – “Dio contiene ogni cosa” e dunque, è detto, è per eccellenza empatico; come si vede nella poesia, qui, di quasi tutti – e per ognuno l’altro è un sentito presupposto del dire, di far poesia,d’arte, con le innumerevoli valenze di questi termini: uomo, donna, dio, storia – solo alcuni, come trovarli tutti?
Non deve stupire, peraltro, leggere che i più giovani si siano rifiutati all’invito: essi spesso credono piuttosto nella competizione, spinti dalla loro esuberanza, che nella collaborazione. Ma è un dato che può venir superato.
Allo stesso tempo non si può negare, anzi occorre evidenziare come il criterio stesso qui presente – e risulta dalla lettura dei versi e dei poeti in antologia – ha permesso a chiunque lo volesse di accogliere l’invito, dunque non ha escluso alcuno che, purché artista riconosciuto, intendesse farlo. Può essere importante, non è banale.
Sono abbastanza d’accordo sull’enunciazione, ripetuta, che in poesia “bisognerebbe ripartire dai classici” e sui primi due criteri: “la rivalutazione degli studi classici” e “la valorizzazione della tradizione”. Basta conoscere un po’ di storia delle arti e della letteratura – e non soltanto – per notare che negli episodi importanti le differenze si sono sempre accompagnate alle grandi continuità, e autori pregni di novità sono anche portatori di riferimenti e di echi della tradizione. La scuola è oggi aperta a tutti: chi vuole ha la possibilità di studiare, dipende dai talenti e dalla sensibilità delle famiglie e il pessimismo mi sembra fuori luogo.
Invece inviterei a fare più attenzione al senso dei media elettronici. Se leggo che i social network “hanno dato voce a chi poco o niente aveva solitamente da dire, silenziando, di rimando, gli uomini più saggi e ricchi di spirito” mi vien da precisare che d’altra parte, da che mondo e mondo, se il filosofo vuol dire la sua e governare rischia di trovarsi in catene, il che non esclude che i poeti e i filosofi possano far politica; mentre anche chi non sembra aver da dire può avere opinione e dirla attraverso i media, ma questa è una versione della democrazia. Oppure non ci crediamo più? Certo le democrazie liberali sembrano offrire le loro prove peggiori. Ma certo che la democrazia deve sapersi difendere, come stiamo vedendo: altrimenti troveremo il peggio.
Ma stiamo vivendo una rivoluzione delle tecnologie che ci porta a poter fare cose solo sognate prima. Controllarle, credo che oggi questo sia un compito dell’uomo saggio e ricco di spirito perché le tecnologie non si fermeranno e l’unica forma di censura, se questo è il problema, viene dall’intenzione del controllo totale e dai governi autoritari.
Così, dicevo, Lerro e Pelliccia sono riusciti ad aggregare artisti tra i più diversi su un presupposto forte ma comprensivo. Un gran leggere, un buon leggere. Il lettore qui troverà l’alto, quasi inarrivabile respiro di Loi:
Forse ho tremato come di ghiaccio fanno le stelle,
no per il freddo, no per la paura,
no del dolore, del rallegrarsi o per la speranza,
ma di quel niente che passa per i cieli
e fiata sulla terra che ringrazia…
Forse è stato come trema il cuore,
a te, quando nella notte va via la luna,
o viene mattina e pare che il chiarore si muoia
ed è la vita che ritorna vita…
Forse è stato come si trema insieme,
così, senza saperlo, come Dio vuole…
Il continuo riferimento alla natura e alla relazione, considerando la storia e le vicende altrui, il tornare circolando tra sé, sentimento e natura del sentimento in Tempesta:
Come davanti alla morte,
scorre mentre mi ami ogni cosa dietro gli occhi
che fissano te e vedono
il mondo, la storia, le storie, gli evi.
La differente maniera di Voce, che gioca con le parole (e intanto il lettore s’immagina il modo di leggerle, il suono) e peraltro non sembra, nonostante tutto, smarrire il senso, tanto che a voltelo si rintraccia.Peraltro ha grande presenza il verso-pensiero di Guarracino, che, molto puntualmente (può essere un punto di vista sull’Empatismo), qui scrive:
sentimenti, rancori ed entusiasmi,
si confondono e s’annebbiano
nello specchio cieco del tempo.
Alla sua maniera di umanista, il verso può vedere le cose nel punto in cui ogni parola accesa del mondo si fa saggezza. È la posizione del quinto angelo:
…(“io”) il Quinto Angelo, annunzio
e segno ciò che mi segue e mi precede:
perché io sono
il disagio del razionale, l’evocazione e l’annuncio
e insieme la bellezza che vi salva,
l’inascoltata, inutile Bellezza…
Viene rivalutato il passato e se ne espone la ratio:
…Nel passato, in ciò che fonda
e significa valori, si interrompe
la morte e il futuro
si edifica e ritrova. È il passato
la tua riserva di futuro…
introducendo una differenza rilevante e di più significati tra memoria-vita e vita-memoria:
C’è
una memoria che è vita
e una vita che vuol essere memoria.
Avendo presente il valore del rapporto tra gli uomini:
Il Tempo
esiste nei rapporti: il tempo è
tutti i rapporti che tu allacci.